Anton Čechov

«Pensare la Russia»: conversazione con Vittorio Strada, anno 1986

Coloro che oggi, nella Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, sono chiamati “dissidenti”, non sono altro che uomini liberi, desiderosi di vedere nel loro paese quei principi di pace e di libertà che esistono altrove e che vogliono che quell’esperienza grandiosa e dolorosa che il loro popolo ha vissuto dopo la rivoluzione non porti soltanto a un miglioramento nel livello di vita. Vogliono che dopo sessant’anni e più si giunga all’affermazione di valori che ormai devono essere considerati intrinseci alla cultura e all’uomo moderno: la libertà, la democrazia, lo spirito critico. Tutta la cultura russa dell’ottocento e del novecento porta a questi valori, educa a questi valori, per cui ogni tentativo di leggerla e di interpretarla in chiave grettamente nazionalistica, e a supporto di un’ideologia autoritaria, è una tremenda falsificazione.

Perché non possiamo dirci artisti

Se ponessimo accanto alla parola filosofia la parola teatro, il finale heideggeriano apparirebbe così: «La filosofia (il teatro) si mette in moto soltanto attraverso un particolare salto della propria esistenza dentro le possibilità fondamentali dell’esserci nella sua totalità; quindi il lasciarsi andare al niente, cioè il liberarsi dagli idoli che ciascuno ha e con i quali è solito evadere…

Roberto De Monticelli e l’identità del critico teatrale

«L’attore italiano non sa più come definirsi. Non è, la sua, un’angoscia nominalistica, non è più questione di parole o di formule. È proprio l’immagine di sé che gli è, paradossalmente, ignota; o che gli si è andata oscurando e confondendo, sfumando in una serie di altre possibilità, apparenze, ipotesi e funzioni, man mano che egli acquistava – sembra una contraddizione ma non lo è – una sempre maggiore consapevolezza critica del proprio lavoro e del potere che, nella società, gliene deriva»

Nessuna consolazione per Marco Bellocchio

Gli Attori devono ogni volta sottoporsi a prove durissime per congiungersi al principio-responsabilità di fare cinema, quindi accedere nello spazio della Rappresentazione. Devono “cercare” e “trovare” una dimensione di azione e di ascolto nel medesimo tempo: Bellocchio pretende che nell’azione ci sia l’orecchio teso al mondo circostante, alle piccole cose che avvengono incessantemente e che, pur restando invisibili, “accompagnano” il gesto attoriale…