«Senza la guerra sarei rimasto un intellettuale con interessi prevalentemente letterari, avrei discusso i problemi dell’ordine politico, ma soprattutto avrei cercato nella storia dell’uomo solo le ragioni di un profondo interesse, e l’incontro con una ragazza o un impulso qualunque alla fantasia avrebbe contato per me più di ogni partito o dottrina»
Drammaturgia
Carmelo Bene Il principe cestinato Anno 1976
Parole senza corpo, Sottrazione Assenza Ricerca del vuoto: pura negatività, puro Nulla, La Forma è l’urgenza, La Scena è pura forma, Teatro della crisi e non crisi del teatro, L’immaginazione imita, lo spirito critico crea…
“Casa d’altri”, Silvio D’Arzo, il racconto perfetto, la regola del Dio inutile
Shakespeare secondo John Middleton Murry (e un ignoto traduttore italiano)
«D’un tratto ci rendiamo conto di tutto quel che era implicito nella ingiunzione di Lady Macbeth: “avvitare il coraggio vostro al punto di giustezza”. Oggi la frase è divenuta per noi inglesi moneta corrente, resa opaca dall’uso: la mente non vi si ferma più. Ma in questo passo essa erompe e palpita di nuova vita, come appunto accadde quando Shakespeare, per primo, donò le parole a Lady Macbeth. Era un’espressione nuova, allora; era la prima metafora del genere che comparisse nella nostra lingua. E com’era la prima del suo genere, così rimane ancora la più alta. Quando s’avvita il piròlo d’un violino (a quei tempi era il liuto o la viola) per tendere la corda, le dita cercano delicatamente di riconoscere il “punto di giustezza”, quello a cui si giunge quando sia stretto il piròlo e tesa la corda. Le dita cercano, ma con la lieve e sottile apprensione che la corda possa saltare. Ecco la figurazione di Shakespeare, ed ecco quel che ha fatto Lady Macbeth della propria anima e – per virtù d’esempio – anche di quella del marito. E quelle sue parole: “Non fosse assomigliato / a mio padre nel sonno, io l’avrei fatto”, ci dicono che il piròlo ha ceduto o ch’è saltata la corda»