Articoli scritti da Carlo Rafele
Domani, e poi domani, e poi domani… Non c’è scampo per l’Intelligenza Artificiale!
Il regista argonauta e l’attore esausto discutono e “patteggiano” la volontà di “rappresentare”: che cosa?
Cinema, che fare? Estate 2024
Strategia o utopia? Immagine “assoluta” o infinito Intrattenimento? Perdita dell’Aura, eterna ripetizione, il regista-régisseur (o metteur en scène): né salvo, né redento (in attesa degli stati generali della Cultura)…
Estetica dell’ombra, della decadenza, della dannazione, del riscatto. Conversazione con Ferruccio Masini (1988)
Maurice Blanchot e Roberto Bazlen
«Non ricordo con esattezza tutto quello che ho scritto, ma ricordo benissimo che tra gli elementi negativi che ti ho elencato (ce n’erano anche dei positivi), c’era il senso di inconsistenza che mi dànno certe sue jongleries, certi suoi giri a vuoto, intorno a solidificazioni come il désir e la nuit e l’angoisse e quella mort che ti raccomando particolarmente…
Il magistero di Thomas Mann
Appendice a “L’ultimo nastro di Krapp”
La scommessa di Robert Musil
Ci sono stati anni, pochi per la verità, nei quali è parso che l’esperienza letteraria di Robert Musil potesse costituire una deflagrazione per il Lettore del Ventesimo Secolo, sospingerlo fanaticamente verso parametri di essenziale e assoluta primazia, alla stregua di traiettorie inattese e sorprendenti che il ‘900 stava già incidendo nell’effigie di scrittori come Proust, Kafka o Joyce, concentrando in particolare nel romanzo maggiore, nelle Tre Sezioni de L’Uomo senza qualità…
«Pensare la Russia»: conversazione con Vittorio Strada, anno 1986
Coloro che oggi, nella Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, sono chiamati “dissidenti”, non sono altro che uomini liberi, desiderosi di vedere nel loro paese quei principi di pace e di libertà che esistono altrove e che vogliono che quell’esperienza grandiosa e dolorosa che il loro popolo ha vissuto dopo la rivoluzione non porti soltanto a un miglioramento nel livello di vita. Vogliono che dopo sessant’anni e più si giunga all’affermazione di valori che ormai devono essere considerati intrinseci alla cultura e all’uomo moderno: la libertà, la democrazia, lo spirito critico. Tutta la cultura russa dell’ottocento e del novecento porta a questi valori, educa a questi valori, per cui ogni tentativo di leggerla e di interpretarla in chiave grettamente nazionalistica, e a supporto di un’ideologia autoritaria, è una tremenda falsificazione.