Cinema

Il senso di Bernardo Bertolucci per il cinema

La filosofia di Georges Bataille, nel tentativo di tenere insieme Nietzsche, Freud e Marx, scopre e sviluppa una poetica intellettuale radicata nella divinità di Eros, che vuole strappare le cose alla “povertà” e frammentarietà del mondo reale e confinarle nella zona esclusiva dell’estasi, che diventa così perdita, spesa improduttiva, dépense, smantellamento del Sé, a cominciare dal proprio Nome.
Jeanne: Non so come chiamarti. Vuoi sapere il mio Nome?
Paul : No, no, stai zitta, non dire niente: io non voglio sapere come ti chiami. Tu non hai nome e io nemmeno: nessun nome. Qua dentro non ci sono nomi, non esistono nomi, capito?

Di che cosa Marilyn è il nome?

«Del pauroso mondo antico e del pauroso mondo futuro era rimasta solo la bellezza e tu te la sei portata dietro come un sorriso obbediente. L’obbedienza richiede troppe lacrime inghiottite, il dare agli altri troppi allegri sguardi che chiedono la loro pietà. Così ti sei portata via la tua bellezza, essa sparì come un pulviscolo d’oro. Sparì come una bianca colomba d’oro»…

Vedi alla voce François Truffaut

«Eravamo tutti seduti in prima fila e François aveva un colorito tutt’altro che rassicurante. Era magrissimo, poteva avere sedici o diciassette anni, era sempre in bolletta, senza un soldo, te ne accorgevi se sbirciavi come vestiva, con i pantaloni tenuti stretti alla vita da uno spago o una catena. Si mangiava nervosamente le unghie, tutti i momenti, e fumava in continuazione. L’unica cosa di cui faceva mostra con gli altri era parlare di cinema e dei film che vedevamo. Lo faceva mentre tornavamo a casa, a tarda sera, attraversando quasi tutta Parigi…

Se il regista del Flauto magico si chiama Bergman

Il combinato Musica-Recitazione-Regia, che ha contraddistinto gli esperimenti scenici di maggior valore dagli anni ’30 –  Fritz Busch,  Hans Knappertsbusch, Arturo Toscanini, Eugen Jochum e Karajan tra i maggiori direttori; Adolphe Appia, Joseph Svoboda, Peter Brook, Giorgio Strehler, William Kentridge tra i più acclamati registi – ha dovuto fare i conti nel tempo con diversi e variegati livelli di significazione, riflettendo l’Opera un reticolato di componenti in bilico tra allegoria e dramma…

E venne Viridiana

Cosa appare sullo schermo del cinema bunueliano, una volta che la cerimonia del mondo vetusto si è consumata, dissolta? Appaiono le pulsioni di sur-realtà, gli squarci di onirismo da rincorrere tra le pieghe dell’immaginario. Appare la grande forza espressiva dell’arte-cinema: la trafittura, la fenditura di marca surrealista, che taglia, sovverte, colpisce al cuore il racconto scenico: come la carriola piena di campagnoli che attraversa il salotto borghese ne L’Age d’or, il Cristo che ride fino alle lacrime in Nazarin, il Cristo che si rade ne La via lattea…

Juliette Binoche: la parte maledetta

L’Attore viene “gettato” su un set cinematografico o su un proscenio teatrale senza conoscere in profondità le motivazioni e le ragioni che lo hanno lì sospinto. Da qui origina la sorte di attori che nella prima opera si offrono come “rivelazione” ma che dovendo poi dar conto di una effettiva originalità espressiva si mostrano non capaci di provvederla, similmente alla rosa di shakespeariana memoria: “dispiegata che sia, cade nell’ora stessa”.

Charlot: cent’anni di inquietudine

Vediamo che si accoccola dietro un commilitone che sta appunto – lui sì – assaporando la gioia del “dono”, leggendo la lunga lettera che gli hanno spedito da casa… E vediamo che, con camaleontica naturalezza, Charlot ne prende le fattezze, ruba l’identità allo sconosciuto compagno d’armi, ne trafuga le movenze e i sentimenti, fa sua l’intera filastrocca della vita dell’altro, recitandola in tutte le sfumature, condividendo riso e pianto, lacrime ed ebbrezza… come se quella trincea non fosse più un fronte di guerra ma l’impiantito di legno della scena dove agisce il signor di Molière…

L’attore, il regista, il patto risolutivo

Quanto più ci appare “anacronistico” – soprattutto oggi – quel fantasma sgusciato dalla testa di Vogler, tanto più capiamo che soltanto la forza di un attore che abbia introiettato la genealogia bergmaniana può riuscire a renderlo vivo e credibile. Un magistero interpretativo che non può darsi senza la natura – coercitiva, dispotica – di quel patto originario intercorso tra il cineasta e i suoi attori…

L’importante è sapere invecchiare bene: Orson Welles

«Un film non corrisponde mai al progetto iniziale. Io cambio continuamente. All’inizio ho un’idea base di ciò che dovrebbe essere il film finito. Ma ogni giorno, a ogni ora, a ogni istante, quell’idea viene deviata, modificata, dalle condizioni espressive che si trovano sul set, fosse anche lo sguardo di un’attrice o la posizione del sole. Non ho l’abitudine di preparare minuziosamente un film e poi cominciare a girare. Ciò che faccio è preparare un film sapendo che di certo non farò “quel” film».