Domani, e poi domani, e poi domani… Non c’è scampo per l’Intelligenza Artificiale!
SCAENARUM
La scommessa di Robert Musil
L’uomo senza qualità, l’uomo senza particolarità, l’uomo senza essenza. Un eroe dello spirito alla ricerca di un’avventura pienamente intellettuale: l’uomo privato di sé stesso, che non vuole accogliere per sé, come elemento caratterizzante, l’insieme di “particolarità” che gli vengono da fuori e che quasi tutti gli esseri umani identificano ingenuamente con la loro pura anima segreta.
Ci sono stati anni, pochi per la verità, nei quali è parso che l’esperienza letteraria di Robert Musil potesse costituire una deflagrazione per il Lettore del Ventesimo Secolo, sospingerlo fanaticamente verso parametri di essenziale e assoluta primazia, alla stregua di traiettorie inattese e sorprendenti che il ‘900 stava già incidendo nell’effigie di scrittori come Proust, Kafka o Joyce, concentrando in particolare nel romanzo maggiore, nelle Tre Sezioni de L’Uomo senza qualità…
«APERTA QUOTES»
Maurice Blanchot e Roberto Bazlen
Del mio desiderio di non pensare più a Blanchot per qualche anno, ti ho scritto sei mesi fa, da Venezia…
«Non ricordo con esattezza tutto quello che ho scritto, ma ricordo benissimo che tra gli elementi negativi che ti ho elencato (ce n’erano anche di positivi), c’era il senso di inconsistenza che mi dànno certe sue jongleries, certi suoi giri a vuoto, intorno a solidificazioni come il désir e la nuit e l’angoisse e quella mort che ti raccomando particolarmente…
“Casa d’altri”, Silvio D’Arzo, il racconto perfetto, la regola del Dio inutile
In mezzo a tutto quel silenzio e a quel freddo e a quel livido e a quell’immobilità un poco tragica, l’unica cosa viva era lei: Zelinda.
Estetica dell’ombra, della decadenza, della dannazione, del riscatto. Conversazione con Ferruccio Masini (1988)
La letteratura, la filosofia, la direzione (di vita) da prendere: nessun discorso (nessun itinerario) è conchiuso.
Kafka senza kafkismi.
Per un nichilismo attivo: lo scriba del caos.
Una prospettiva minoritaria: la scrittura come orientamento, non compimento, affermazione vitale (laus vitae).
Il non ordine del significato e la “malattia” irrazionalistica.
“Di me vorrei non si dicesse: Lei è obiettivo. Sarebbe falso, non sono obiettivo, né posso esserlo: devo vivere”.
Kafka senza kafkismi.
Per un nichilismo attivo: lo scriba del caos.
Una prospettiva minoritaria: la scrittura come orientamento, non compimento, affermazione vitale (laus vitae).
Il non ordine del significato e la “malattia” irrazionalistica.
“Di me vorrei non si dicesse: Lei è obiettivo. Sarebbe falso, non sono obiettivo, né posso esserlo: devo vivere”.
SECRETUS RECESSUS
Di che cosa Marilyn è il nome?
«Del pauroso mondo antico e del pauroso mondo futuro era rimasta solo la bellezza e tu te la sei portata dietro come un sorriso obbediente. L’obbedienza richiede troppe lacrime inghiottite, il dare agli altri troppi allegri sguardi che chiedono la loro pietà. Così ti sei portata via la tua bellezza, essa sparì come un pulviscolo d’oro. Sparì come una bianca colomba d’oro»…
Roberto De Monticelli e l’identità del critico teatrale
Un ricordo trent’anni dopo la morte (1919-1987)
«L’attore italiano non sa più come definirsi. Non è, la sua, un’angoscia nominalistica, non è più questione di parole o di formule. È proprio l’immagine di sé che gli è, paradossalmente, ignota; o che gli si è andata oscurando e confondendo, sfumando in una serie di altre possibilità, apparenze, ipotesi e funzioni, man mano che egli acquistava – sembra una contraddizione ma non lo è – una sempre maggiore consapevolezza critica del proprio lavoro e del potere che, nella società, gliene deriva»
Juliette Binoche: la parte maledetta
Lui: «Mi piacciono tanto le tue labbra umide, sono come quelle delle attrici di un tempo».
Lei: «Ho fatto una brutta caduta quand’ero molto piccola, da allora quando comincio a piangere, non posso più fermarmi».
Lui: «Basta con le lacrime, voglio solo vederti sorridere!»
Lei: «Metti un disco, svelto, prima che la malinconia entri in noi»
L’Attore viene “gettato” su un set cinematografico o su un proscenio teatrale senza conoscere in profondità le motivazioni e le ragioni che lo hanno lì sospinto. Da qui origina la sorte di attori che nella prima opera si offrono come “rivelazione” ma che dovendo poi dar conto di una effettiva originalità espressiva si mostrano non capaci di provvederla, similmente alla rosa di shakespeariana memoria: “dispiegata che sia, cade nell’ora stessa”.
Essentialĭtas
Shakespeare secondo John Middleton Murry (e un ignoto traduttore italiano)
«D’un tratto ci rendiamo conto di tutto quel che era implicito nella ingiunzione di Lady Macbeth: “avvitare il coraggio vostro al punto di giustezza”. Oggi la frase è divenuta per noi inglesi moneta corrente, resa opaca dall’uso: la mente non vi si ferma più. Ma in questo passo essa erompe e palpita di nuova vita, come appunto accadde quando Shakespeare, per primo, donò le parole a Lady Macbeth. Era un’espressione nuova, allora; era la prima metafora del genere che comparisse nella nostra lingua. E com’era la prima del suo genere, così rimane ancora la più alta. Quando s’avvita il piròlo d’un violino (a quei tempi era il liuto o la viola) per tendere la corda, le dita cercano delicatamente di riconoscere il “punto di giustezza”, quello a cui si giunge quando sia stretto il piròlo e tesa la corda. Le dita cercano, ma con la lieve e sottile apprensione che la corda possa saltare. Ecco la figurazione di Shakespeare, ed ecco quel che ha fatto Lady Macbeth della propria anima e – per virtù d’esempio – anche di quella del marito. E quelle sue parole: “Non fosse assomigliato / a mio padre nel sonno, io l’avrei fatto”, ci dicono che il piròlo ha ceduto o ch’è saltata la corda»
Se “geniale” fosse l’Epoca: da Bruno Schulz a Elena Ferrante
«Ci avviciniamo ora a gran passi a quell’epoca meravigliosa e catastrofica che nella nostra biografia porta il nome di epoca geniale. Invano negheremmo che fin d’ora sentiamo quella stretta, quel sacro timore che precede i momenti estremi. Ben presto ci mancheranno nella tavolozza i colori e nell’animo la luce per apporre i più alti accenti, sottolineare i più luminosi e ormai trascendentali contorni di questo quadro. Che è mai quest’epoca geniale e quando fu?»
Perché non possiamo dirci artisti
Primato dell’arte critica: Thomas Mann, Samuel Beckett, Martin Heidegger
Se ponessimo accanto alla parola filosofia la parola teatro, il finale heideggeriano apparirebbe così: «La filosofia (il teatro) si mette in moto soltanto attraverso un particolare salto della propria esistenza dentro le possibilità fondamentali dell’esserci nella sua totalità; quindi il lasciarsi andare al niente, cioè il liberarsi dagli idoli che ciascuno ha e con i quali è solito evadere…